giovedì 15 giugno 2017

Uno degli ultimi piumai d’Europa. Tre generazioni a contatto col “simbolo del potere”


Cos’hanno in comune le ballerine del Moulin Rouge con le guardie svizzere pontificie? L’alta moda e le drag queen? La regina Maria Antonietta e un capo pellerossa? “Le piume. Perché, che siano sulla testa, nei vestiti o sotto forma di boa, da sempre rappresentano un simbolo naturale di potere”, assicura Duccio Mazzanti. Quarantasei anni, erede di una delle poche imprese artigianali di piumai rimaste in Europa, giunta con lui alla terza generazione.

A dare il via alla Mazzanti Piume, nel 1935, fu la nonna Natalina. “Imparò l’arte in una bottega di Firenze – racconta Duccio – realizzava le decorazioni per i cappelli delle signore: fiori artificiali per l’estate, piume per l’inverno. Sognava un laboratorio tutto suo e poté realizzarlo quando sposò mio nonno, che era un ingegnere meccanico. Lei creava e lui si dava da fare con le macchine”. 

Nel 1964 Natalina muore e subentra il figlio Maurizio. Anche la produzione cambia: diminuiscono i cappelli e compaiono i boa in piume. Sono gli anni ’70 e i clienti sono i grandi locali del cabaret e dello spettacolo, come il Moulin rouge o il Lido di Parigi, ma anche le Maison di alta moda internazionali. Contemporaneamente inizia la produzione di pennacchi militari, compresi quelli delle Guardie Svizzere, che ancora oggi la Mazzanti Piume realizza in maniera rigorosamente artigianale.

“Sono cresciuto tra le piume e ho cercato di sottrarmi al mio destino – scherza Duccio - ma il richiamo è stato più forte”. Dopo la laurea in Economia e Commercio e un periodo negli Stati Uniti, infatti, nel 1996 Mazzanti torna a Firenze e prende le redini dell’impresa, decidendo di concentrarsi sull’alta moda.

“Un tempo mio nonno andava dalle signore a prendere le piume, ora le compriamo in Cina, dove continuano a spennare a mano, e in Sudafrica. Per il resto è cambiato pochissimo: utilizziamo le stesse tecniche artigianali, abbiamo una tintoria interna, sette dipendenti che mi hanno visto nascere e crescere, e un fatturato che si aggira attorno ai 350-400 mila euro”. 

“Dai matrimoni alle sfilate, passando per il cinema o eventi privati, ci troviamo spesso a dover realizzare prodotti quasi impossibili, ad altissima creatività. Sono un risolutore di problemi piumati – scherza Duccio – ma è proprio la flessibilità che ci ha permesso di mantenere nel tempo collaborazioni con le più grandi case di moda o istituzioni”. 

Nel 2005 Duccio ha lanciato il brand Nanà Firenze, dal nome della nonna Natalina, di cui conserva ancora preziose scatole, fonte d’ispirazione per cerchietti e acconciature molto apprezzate da designer e stilisti. 

Tiene workshop e lezioni universitarie in giro per il mondo e ama ospitare giovani creativi: “E’ meraviglioso vedere come i ragazzi sanno reinventare le piume – dice -. Si tratta di un oggetto misterioso e potente. Basti pensare che le prime corone della storia erano fatte di piume ed erano prerogativa maschile. Le donne per molto tempo poterono usarle solo negli spettacoli e ci vollero regine come Maria Antonietta per farle entrare nel guardaroba femminile. Il primo simbolo delle dragqueen sono le piume e in una sfilata non se ne può fare a meno. Sono il simbolo della leggerezza, della magia e di quanto ci sia di più vicino al cielo e alla quintessenza. Di cosa sono fatte le ali degli angeli?”. 

Pubblicato su CNAStorie

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